L’approccio alla bellezza nell’antica Roma rifletteva profondamente i valori e le norme sociali dell’epoca. Trucco e moda non erano solo espressioni di vanità personale, ma anche strumenti attraverso i quali si manifestavano pregiudizi, ideali e influenze culturali. L’ars fucatrix, l’arte del trucco ingannatore, era vista con sospetto e criticata duramente da autori come Marziale e Giovenale, che la collegavano a una questione di moralità femminile. Le leggi come la Lex Oppia cercavano di limitare il lusso tra le matronae per controllare questi eccessi.
Anche l’igiene e la cura personale avevano un ruolo significativo. La depilazione era comune sia tra uomini che donne, e la cura delle sopracciglia unite era una moda diffusa. La cosmesi avanzava con prodotti come unguenti a base di lanolina e trattamenti per la pelle con latte d’asina, utilizzato da figure storiche come Poppea per mantenere un aspetto giovane.
I cambiamenti politici e culturali, come l’influenza della moda bizantina e l’introduzione di nuovi lussi e cosmetici, mostrarono come la cultura dominante si adattasse e si trasformasse nel tempo. La bellezza, quindi, era tanto una questione di estetica quanto un simbolo potente di status, potere e identità culturale in un’epoca in cui l’aspetto esteriore poteva riflettere e definire la posizione sociale di una persona.