di Pietro Bortolozzo
In una New York metropolitana, tra incubi inquietanti e ricerca di nuove forme espressive, si muovono strani personaggi. Tra questi, Lou Reed, carattere tenebroso, John Cale, altro genio maledetto, una fotomodella e chantause dark, Nico. Andy Warhol, vate della pop-art, li arruola nella sua Factory e li inserisce nel suo spettacolo multimediale, uno show allucinante con coreografia scarna, suggestivi giochi di luci e proiezioni e la musica assordante del gruppo. Il tutto fuso in un’estasi di isteria collettiva, un rituale edonistico che sconvolge le notti newyorkesi. I Velvet Underground sono un’insolita e sospetta accozzaglia di drop out (drogati, omosessuali, artisti sedicenti, musicisti di brutte speranze), un’alchimia unica e devastante, un rituale depravato, un incubo ossessivo e nevrastenico metropolitano. L’anima oscura e sotterranea della cultura alternativa americana. Un crogiolo di artisti e circoli underground: l’altro lato della Grande Mela, quello più oscuro e più seducente. Nel ’67 esce il primo album, “THE VELVET UNDERGROUND & NICO”, dalle sonorità spigolose e d’avanguardia e con testi come mai se ne erano uditi. Scandalosi, concisi ritratti di decadenza urbana, sipari di scapigliatura e sessualità deviata, infarciti di droga, sadomasochismo, locali equivoci, amori “diversi”. Qui dentro si respira un’aria nuova che attraversa le strade gelide di una New York diversa e disperata tra storie selvagge come incubi. L’album suscita scalpore all’epoca anche per la copertina, griffata dallo stesso Warhol, con la famosissima banana, che nell’edizione originale poteva essere sbucciata, trovando sotto un’allusiva banana rosa. Il line-up è un perfetto amalgama esplosivo di musicisti. Sono i cantori della New York turbolenta e viziosa. Il degrado urbano si veste delle tinte surreali della pop art e dei suoni delle avanguardie per diventare opera d’arte.
Lou Reed è l’immagine perversa del male, il suono esterrefatto della viola di John Cale crea un clima teso e violento, Nico, donna fatale, divinità lunare, voce cupa e fascinosa. Le canzoni sono scritte in gran parte da Lou Reed: le liriche combinano un’ispirazione sado-masochista con una immaginazione in libera associazione. La musica si evolve verso un rock violento e sperimentale, ma il risultato è quello di offrire una musica colta, raffinata. Vengono raffigurate storie di solitudine, alienazione, depravazione, perdizione fisica e morale tra amori sadomaso, droga, prostitute, violenze e assassini. Undici tracce che dimostrano tutta la versatilità del sound del gruppo. La dolcezza sinistra dell’eterea e delicata “Sunday morning” con la voce effeminata da perverso incantatore di Lou Reed, fluttuante tra riverberi e sovraincisioni, suadente che denota una sottile inquietudine. Si racconta il ritorno a casa la domenica mattina, dopo sabati notte di perdizione. La quiete di “Femme fatale”, l’incantevole voce di Nico trasudante malinconia e perversione. L’ipnotica e perversa “Venus in furs” storia di sesso morbosa, una scena angosciante e psichedelica. E ancora sperimentazioni sonore. Il disco ha una carica ed espressione eversiva e innovatrice, una poetica decadente che lascerà il segno per lungo tempo. Impiegò un anno a raggiungere i negozi per vari problemi di censure, inesperienza, ostragismi. Senza grandi promozioni, ignorato dalla stampa e boicottato dalle radio newyorkesi, accolto con tiepida indifferenza da un pubblico legato a quel tempo a pace, amore e flower power, riesce lo stesso a raggiungere i Top 100 … il resto è storia. È considerato, infatti, dalla critica uno dei più importanti, innovativi e influenti dischi di sempre, spartiacque definitivo della musica rock.